mercoledì 10 ottobre 2007

Umido

Marachello qui è così umido, non mi parlare dei tuoi reumatismi.
La muffa già mi assale, mi sento cemento di cantina freddo e ricoperto di peluria biancastra, di un cotone sporco.
Sono vecchio incanutito e non è curativo ripetere troppo spesso i gargarismi con i mea culpa dei pentimenti postumi di una vita spesa male.

Non mi ricordare i dolori delle tue articolazioni in umido.
Delle tue spese inopportune che hanno saputo comprare solo pentimenti.
Le tue ansie mi mettono il fiatone.
Qui nel polveroso pavimento l’acaro è a buon mercato, non è permesso inspirare troppo a polmoni pieni, si rischia di sporcare il filtro della coscienza.
Congestioni gratuite di sensi di colpa che fanno annaspare.

Cambia registro, ma non mi parlare neppure delle tue ossa buche.
Odore di funghi e sentore di verruche non concimano i miei pensieri da asparago a sufficienza per nutrirne una corretta crescita verticale, ambiziosa e appuntita.
Sono sviagro, floscio e ammosciato, senza pepe, insipido e scondito.
Il mio sogno sa solo essere un risotto senza funghi, guarnito dalla besciamella dei rigurgiti di una dignità densa e tiepida.
Non tediarmi. Mi fai male così.

Marachello rilassati questa è una cantina.
Liquido dietro il vetro impolverato c’è lui.
Il fermento d’uva spremuta.
Ci asciugherà il turpiloquio dalle lacrime dei dispiaceri, inventati e veri.
E i tuoi reumi li potrai riporre in barca, per questa sera almeno, lasciamoci condurre alla deriva.

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